Quant’altro, cioè, ehm, e le slide con mille parole.

Mi capita spesso di assistere a presentazioni, discorsi o dissertazioni, non soltanto professionali.

Ammetto che faccio difficoltà a mantenere alta l’attenzione, due sono i motivi: i social hanno trasformato la nostra concentrazione al pari di una scimmia ma soprattutto sono rare le persone che hanno competenze ed abilità per parlare in pubblico.

La più parte di loro non si esprime, infila parole, grugniti e versi che solo loro considerano esposizioni coerenti ma di fatto si rivelano inutili perdite di tempo.
E mi sto limitando alla parte verbale, fonetica, tralasciando (per ora) il contenuto.

Iniziamo dalla parolina “quant’altro” che viene utilizzata quando le persone non sanno più cosa dire e la pronunciano per riempire frasi o concetti vacui un po’ come quando in treno si discute del tempo con sconosciuti o ad un funerale si pronuncia la frase “muoiono sempre i migliori”.

Continuando non possiamo trascurare il logoro avverbio “cioè” divenuto il tappabuchi, l’amico sfigato cui si scrocca la sigaretta, o ancora il compagno di classe cui si è sottratta la merendina.

Cioè è l’antesignano, il precursore di “quant’altro”.

In poche parole “Cioè” sta a Madonna come “quant’altro” a Rihanna.

Cioè: il deus ex machina di una conversazione volgare, ignobile e di basso profilo.
Una volta ho contato 20 “cioè” in un discorso di circa 4 minuti.
Un record da perfetto idiota.

Gomme per cancellare “cioè, ehm” ed altre idiozie.

E poi esiste il 5.0 del “cioè”, ovvero “ehm, æaeaeaeea,ëëëë”, cioè (e qui ha senso) il Billie Eilish attuale.

Io vi giuro che non capisco mai se “ehm” sia uno schiarimento della voce oppure un problema di flatulenza… quando però conto circa 20 “ehm” in 4 minuti me ne vado perché l’aria diventa – in ogni caso – pesante.

L’apice è raggiunto da coloro che durante esposizioni (ricche di avverbi, tappabuchi ed armeniccoli simili) leggono le slide anziché rivolgersi al pubblico, fieramente convinti di trasmettere concetti interessanti.
Solitamente i loro “unici concetti visionari” sono concentrati in fitte pagine corpo cinque proiettate su schemi lattiginosi.
E non ultimo per apparire eruditi storpiano parole inglesi come “polisi, assistanse, cuarcod, defolt e brend” tanto per citarne alcune.

Ma la cosa più mesta e squallida è vederli tronfi, sicuri di sé sproloquiare per ore e ore e senza esprimere alcunché in grado di cambiare di un millimetro le nostre esistenze.

La proporzione magica: lo sproloquio sta alla iattanza come l’inconcludenza all’ignoranza.


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Pubblicato da Maurizio Bramezza

Blogger, anchor man, moderator, yoga teacher and Happiness Coach

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